A
s s o c i a z i o n e A
s t r o f i l i S p e
z z i n i
Osservatorio Astronomico
Sociale di
Monte Vissegi
G A L A S S I E
GUIDA
ALLA RICERCA DI SUPERNOVAE TRAMITE SENSORE CCD
L. Zannoni, G. Scarfì, P. Pietrapiana,
G. Bonatti
Studi |
Supplemento
al numero 8 della rivista
ASTRONOMICA
Periodico
quadrimestrale dell'Associazione Astrofili Spezzini
Stampato
ed impaginato in proprio dall'Associazione Astrofili Spezzini
Progetto
grafico di Paolo Pietrapiana.
Finito
di stampare nel mese di Agosto 1994
L. Zannoni, G. Scarfì, P. Pietrapiana,
G. Bonatti
G A L A S S I E
GUIDA
ALLA RICERCA DI SUPERNOVAE TRAMITE SENSORE CCD
A s s o c i a z i o n e
A s t r o f i l i S
p e z z i n i
Osservatorio Astronomico
Sociale di
Monte Vissegi
PREFAZIONE
Negli
ultimi quindici anni l'avvento dei sensori C.C.D. ha cambiato radicalmente il
modo di fare ricerca astronomica sia in ambito professionale che amatoriale.
In
campo amatoriale, seppure i sistemi C.C.D. siano presenti sul mercato a prezzi
accessibili dalla fine degli anni ottanta, sensibili progressi sono già stati
registrati nell'evoluzione degli stessi sensori e nel settore dell'informatica
di supporto, sia per quanto riguarda la potenza dei personal computers sia per
la ricchezza ed il valore del software specifico sviluppato.
Parallelamente
a questa crescita, gli astrofili hanno dimostrato un crescente interesse per
la ricerca di supernovae extragalattiche (SNe), sviluppando notevoli
esperienze e capacità soprattutto
con il metodo visuale.
Ben
presto, però, l'uso del C.C.D. è parso come una metodologia piuttosto
vantaggiosa per lo sviluppo della ricerca amatoriale di SNe[1]:
l'alta sensibilità del sensore permette la produzione, nell'arco di una sola
notte, di una notevole quantità di immagini
offrendo al contempo la possibilità di confrontare le stesse via
software in modo assai rapido e sicuro.
In
campo professionale, sono già operativi alcuni osservatori astronomici
progettati specificamente per la ricerca automatizzata di SNe, mentre nel
mondo amatoriale le cose procedono certo più lentamente a causa delle
difficoltà persistenti nel reperire i fondi necessari. Ma per gli astrofili
quello finanziario non si è rivelato fino ad oggi l'unico problema:
un'ostacolo notevole è rappresentato anche dalla difficoltà di reperire
testi che riportino immagini di galassie con stelle di campo di magnitudine
elevata (19-20) indispensabili per effettuare un preciso lavoro di raffronto.
La
stessa possibilità di registrare elevate magnitudini ha spinto i ricercatori
dilettanti a monitorare galassie più lontane, meno luminose e quindi poco
conosciute: da qui le sopravvenute difficoltà nel puntamento e nel centraggio
degli oggetti nel ristretto campo del sensore C.C.D. in quanto galassie oltre
la 11a 12a magnitudine non
sono visibili all'oculare dei telescopi normalmente utilizzati dai non
professionisti (sino a 40-50 centimetri di diametro) ed obbligano a basarsi
unicamente sulle stelle di campo.
In
quest'ordine di cose, gli atlanti a disposizione del dilettante per il tipo di
ricerca prospettata erano pochi, costosi ma soprattutto insufficienti, poiché
prendevano in considerazione magnitudini molto inferiori a quelle
raggiungibili con le nuove tecnologie.
Unica
alternativa era rappresentata dall'utilizzo di immagini riprese dai più
potenti telescopi professionali, che però presentavano l'inconveniente di
mostrare campi stellari molto più ricchi e dettagliati di quelli ottenibili
dall'astrofilo e perciò confrontabili con difficoltà.
Riassumendo,
i due principali problemi che incontrano generalmente
gli astrofili nel momento in cui si affacciano alla ricerca di SNe
mediante uso di sensore C.C.D. sono:
1)
il puntamento di oggetti generalmente non visibili all'oculare del telescopio
2)
reperire fotografie in cui siano presenti, oltre alla galassia in esame,
stelle di campo di magnitudine limite uguale o superiore a quella delle
proprie immagini.
Sulla
base di queste considerazioni, anche se in tempi recenti la pubblicazione di
alcuni atlanti di immagini digitali di profondo cielo (quali il B - T ATLAS di
Christian Buil ed Eric Thouvenot e quello di John
C. Vickers) nonchè la comparsa su CD-ROM del Guide Star Catalog
abbiano già contribuito in parte a colmare il vuoto editoriale evidenziato,
è sorta l'esigenza di realizzare la presente Guida.
A
nostro avviso, infatti, pur senza mettere in dubbio il valore e la completezza
delle opere citate, mancava ancora una pubblicazione dedicata al campo
specifico della ricerca di SNe tramite sensore C.C.D., che includesse carte di
riscontro, immagini digitali con stelle di campo di luminosità adeguata ed i
valori delle magnitudini teoriche di eventuali SN nell'oggetto considerato.
Tale
pubblicazione, infine, doveva essere una Guida
consultabile con la massima facilità.
La
presente opera vuole dunque rappresentare uno strumento di lavoro completo sia
per chi intenda avvicinarsi alla ricerca di SNe sia per tutti coloro che
abbiano già maturato nel campo specifico una discreta esperienza.
Si
è cercato, in particolare, di fornire per ogni singolo oggetto il maggior
numero di informazioni attraverso un Catalogo
il più dettagliato possibile e di ottimizzare la fase di puntamento
includendo in Atlante carte
stellari opportunamente ruotate per simulare la visione telescopica
all'oculare; a tali carte sono state affiancate, nelle singole Schede,
stampe in B/N di galassie ad alta risoluzione ed elevata magnitudine limite
delle stelle di campo al fine di avere a disposizione uno strumento di
confronto adeguato nella fase di controllo delle immagini digitali.
Al
supporto cartaceo si è pensato di affiancare due floppy disk da 3,5 pollici
contenenti tutte le immagini di galassie presenti in Atlante,
poiché nel passaggio dal supporto informatico (anche se nel nostro caso
l'operazione è stata ottenuta tramite stampante laser) si verifica comunque
una perdita di informazioni sempre importanti nei casi di dubbia
interpretazione. E' stata comunque scelta la stampa quale supporto principale
perchè il computer con il quale si lavora risulta, in genere, già impegnato
nella gestione della camera C.C.D. e, in alcuni casi, anche nella gestione del
puntamento del telescopio: il salto continuato da un software all'altro,
altrimenti eliminabile solo con l'ausilio di più computers, cosa non ancora
comune, è a nostro avviso un modo non ottimale di operare in quanto impedisce
un raffronto immediato delle immagini ottenute al telescopio con quelle già
in archivio.
Infine,
un'utile introduzione alla ricerca di SNe con uso di CCD può essere
rappresentata dalle Appendici,
mentre la Bibliografia proposta
richiama ad opportuni approfondimenti di sicura portata dell'astrofilo medio.
Il
nostro augurio è che, grazie anche al contributo di questa Guida
possa essere svolto un profiquo lavoro di ricerca in uno dei campi più
promettenti e stimolanti dell'intero orizzonte scientifico amatoriale.
Ringraziamo
il Signor Bill Gray per la gentile concessione d'uso del programma "Guide
2.0" a cui si deve la realizzazione delle carte stellari di rifeimento
presenti in Atlante. Un
ringraziamento particolare va agli amici dell'Associazione
Astrofili Spezzini per i preziosi consigli e la collaborazione prestata
nella realizzazione del presente volume.
Gli
Autori
INTRODUZIONE
ORGANIZZAZIONE
GENERALE DELLA GUIDA
Nel
progettare questa pubblicazione ci si è posti come scopo principale
l'ottenimento della massima semplicità e flessibilità d'uso.
La
Guida può considerarsi divisa in
due parti principali, il Catalogo e l'Atlante, le
quali parti sono precedute dalla presente Introduzione,
seguite da due Appendici e dalla
Bibliografia.
Si
è cercato di offrire per ogni galassia la massima quantità di dati collegati
tra loro in modo semplice ed immediato. Le 122 Schede
che compongono l'Atlante
visualizzano 171 oggetti; esse sono numerate in ordine progressivo di
ascensione retta e trovano nel Catalogo un
naturale complemento.
CRITERI
DI SCELTA DELLE GALASSIE
Riportiamo
i criteri guida sui quali ci si è basati per la scelta delle galassie da
inserire nel Catalogo e nell'Atlante.
|
1)
Dimensione:
si sono prese in considerazione quelle galassie il cui diametro massimo non
risultasse superiore ai 10 primi d'arco (fanno eccezione soltanto cinque
galassie). La scelta è imposta dalle dimensioni dei C.C.D. attualmente a
disposizione degli astrofili.
2)
Distanza della galassia:
sicuramente il più importante fattore discriminante. Tenendo sempre in debita
considerazione le dimensioni medie del telescopio amatoriale, la trasparenza
del cielo e la sensibilità del sensore C.C.D. anch'esso considerato a livello
amatoriale, abbiamo ritenuto di porre la magnitudine limite strumentale
intorno al valore 19. Sarebbe stato inutile, infatti, inserire
galassie la cui distanza è tale da far sì che un'eventuale SN di tipo
I non raggiunga, al suo massimo, una luminosità superiore di almeno un
fattore 2,5 rispetto alla magnitudine limite strumentale. Attraverso il
calcolo del Modello della Distanza è possibile stabilire in anticipo e con
buona approssimazione la magnitudine massima raggiungibile da una eventuale SN
tipo I o tipo II in una galassia posta ad una distanza nota. L'argomento è
opportunamente approfondito in appendice 2.
3)
Inclinazione del piano della galassia rispetto alla nostra linea visuale:
si tratta di un parametro che assume una rilevanza notevole nella ricerca di
SNe poiché con il piano di rotazione della galassia sotto osservazione posto
a 90° rispetto alla nostra linea di vista risultano massime le possibilità
di scoperta: ciò è da attribuire in gran parte alla minor quantità di
materia oscura che si frappone tra l'osservatore e l'eventuale supernova.
Si
ritiene, sulla base di stime statistiche, che per questo preciso motivo siano
state numerose le SNe passate inosservate.
4)
Morfologia della galassia:
Sempre da calcoli statistici e sulla base della teoria fisica, la frequenza di
apparizione di SNe in una qualsiasi galassia è in relazione alla sua età ed
alla sua morfologia. Sono infatti gli oggetti più giovani, come le spirali
classiche o barrate, a far registrare la massima frequenza di apparizioni;
proprio a tali tipologie di oggetti è stata data in quest'opera una rilevante
priorità.
5)
Assenza in altri cataloghi:
dove è stato possibile si è cercato di dare la precedenza a quegli oggetti
la cui immagine è difficilmente reperibile in altre pubblicazioni dello
specifico campo di ricerca.
6)
Magnitudine:
si sono selezionate prevalentemente galassie con magnitudini oltre la 11 per
evitare sovrapposizioni con altri cataloghi già esistenti quali ad esempio il
Brian -Thompson ed il Lopez Alvarez.
|
7)
Distribuzione in A.R.:
nei limiti del consentito si è cercato di
privilegiare galassie abbastanza isolate o a piccoli gruppi cercando di
evitare oggetti già controllati routinariamente dai professionisti.
|
Nota:
per motivi di prospettiva, oltre alla galassia principale possono essere
presenti nel campo altre galassie con caratteristiche diverse da quelle
definite in precedenza. Abbiamo ritenuto utile catalogare anche questi oggetti
riportandone le caratteristiche principali, là dove conosciute, al fine di
conferire alla Guida una maggiore completezza.
STRUMENTAZIONE
UTILIZZATA PER L'ACQUISIZIONE DELLE IMMAGINI DIGITALI
TELESCOPIO
Lo
strumento utilizzato è quello in dotazione all'Osservatorio Astronomico
Sociale di Monte Vissegi di proprietà dell'Associazione Astrofili Spezzini. Si tratta di un
riflettore tipo Ritchey-Chretien del diametro di 400 mm (focale 3200
mm) su montatura equatoriale a
forcella. Durante l'acquisizione delle immagini digitali lo strumento è stato
diaframmato a 350 mm.
L'inseguimento
è stato eseguito mediante guida fuori asse e con l'ausilio di oculare munito
di crocicchio illuminato.
Utile
è risultato l'impiego dei cerchi digitali per il puntamento degli oggetti più
deboli non visibili all'oculare.
Per
ottenere le immagini non sono stati impiegati filtri spettrali al fine di
raggiungere elevate magnitutini limite con tempi di integrazione il più
possibile contenuti.
SENSORE
C.C.D.
Il
sensore C.C.D. adottato è il noto ST-6 della ditta californiana S.B.I.G.
Rettangolare
di 8.6 x 6.5 mm di lato, il C.C.D. in questione possiede 375 x 242 pixels.
Ogni pixel misura 23 x 27 micron: il lato maggiore giace sulla fila da 242
pixels, mentre il minore su quella da 375 pixels.
Posto
al fuoco principale del telescopio di Monte Vissegi, il sensore ST6 copre un
campo di 9 x 7 primi d'arco con una diagonale di 11 primi; possiede un sistema
di termostatazione a celle di Peltier capace di raffreddarlo di 50°
centigradi rispetto all'ambiente consentendo al contempo una precisione di un
decimo di grado nel mantenimento della temperatura prestabilita. Tali
caratteristiche hanno facilitato ed ottimizzato le procedure relative alla
calibrazione delle immagini.
La
risposta spettrale del sensore ST6 copre dai 350 ai 900 nanometri, con un
picco di efficenza quantica del 70% a 700 nanometri.
SOFTWARE
Il
software utilizzato è composto da due programmi principali: il primo, in
dotazione al sensore ST6, permette l'acquisizione delle immagini e la loro
calibrazione, mentre il secondo ha permesso di ottimizzare la visualizzazione
delle immagini mediante opportuna elaborazione.
Gli
scopi principali dell'elaborazione delle immagini digitali sono stati tre:
a)
evidenziare sia i particolari del nucleo che quelli molto più deboli della
periferia. In questo modo, anche se un'eventuale supernova si trovasse
all'interno del nucleo, sarebbe comunque riconoscibile. Onde consentire questo
tipo di visualizzazione sono
state usate funzioni che operano sull'istogramma dell'immagine come
rappresentazioni logaritmiche dei toni di grigio, equalizzazioni e potenze di
istogrammi.
b)
visualizzare le stelle meno luminose, il cui segnale è di poco superiore
rispetto al rumore di fondo cielo. Per ottenere ciò sono stati impiegati
appositi filtri mediani, gaussiani e convoluzioni.
c)
visualizzare il maggior numero possibile di particolari morfologici della
galassia evidenziando gli ammassi e le nebulosità per meglio distinguerli da
eventuali SNe. A questo proposito si è provveduto ad incrementare per quanto
possibile il contrasto dell'immagine.
In
qualche caso, inoltre, dove la morfologia stessa della galassia lo richiedeva,
sono state applicate le nuove tecniche di elaborazione immagini conosciute con
il nome di Maximum
Entropy Deconvolution.
Galassie
Atlante
GUIDA
ALL'USO DELL'ATLANTE
L'Atlante
si compone di 122 Schede,
ognuna delle quali evidenzia un campo stellare in cui sono presenti una o più
galassie per un totale di 171 oggetti. Le Schede
sono state ideate in modo da renderne l'uso per quanto più possibile pratico
e veloce: in esse sono riportate sinteticamente le informazioni essenziali
relative ai vari oggetti per consentire una corretta attività di ricerca di
SNe. Per maggiori dettagli circa i singoli oggetti si rimanda all'uso del Catalogo.
Le
Schede sono stampate su di un solo
lato al fine di facilitarne l'impiego al telescopio: a seconda dello strumento
utilizzato, l'immagine all'oculare può apparire capovolta e/o speculare
rispetto a quella riportata, eventualità in cui sarà sufficiente
retroilluminare la Scheda stessa
dopo averla opportunamente orientata. Anche la rilegatura della Guida
risponde ad esigenze di praticità ed ergonomia: l'uso della spirale in
plastica consente, grazie alla possibilità di estrarre ogni singolo foglio,
di operare al telescopio con una sola carta alla volta.
Ogni
Scheda è strutturata in cinque finestre
principali.
1)
la prima in alto a sinistra contiene il nome delle galassie presenti nel
campo, delle quali si riportano i valori di ascensione retta e declinazione
all'equinozio dell'anno 2000, la magnitudine nel blu o nel visuale, e le
dimensioni.
2)
la seconda, in alto a destra, contiene il numero progressivo della Scheda,
utile punto di collegamento con il Catalogo;
la progressione è in funzione dell'ascensione retta dell'oggetto, sempre
riferita all'equinozio dell'anno 2000: osservando gli oggetti in ordine di
ascensione retta crescente si riducono al minimo i tempi necessari per i
puntamenti.
3)
la terza, la più grande, al centro leggermante in alto, rappresenta la carta
di riscontro dell'oggetto. Al suo interno, in un cielo di 40 x 30 primi d'arco
centrato sulla galassia principale, è presente un campo circolare del
diametro di 30 primi che offre un'ulteriore indicazione circa le posizioni
delle stelle e la grandezza del campo coperto. La scelta è stata operata in
funzione dell'uso visuale del telescopio e di una sufficiente precisione nella
centratura con il C.C.D. degli oggetti non direttamente visibili all'oculare.
L'orientamento del campo è segnalato in basso a sinistra ed è uguale per
tutte le carte con il Nord in basso e l'Est a destra, poiché ciò corrisponde
alla visione diretta con oculare senza l'uso di prismi in telescopi tipo
Cassegrain. Ancora in basso a sinistra sono segnalate le grandezze di
rappresentazione delle stelle in funzione della magnitudine. Grazie al tratto
evidenziatore dei confini delle galassie viene data pure un'indicazione
approssimativa circa il loro orientamento, l'inclinazione sulla linea visuale
ed il diametro apparente.
4)
nella quarta, in basso a sinistra, viene riportata l'immagine digitale
dell'oggetto. Il campo ricoperto è di 9 x 7 primi d'arco e vi sono
visualizzate stelle attorno alla 19a
magnitudine.
5)
nella quinta, in basso a destra, sono rappresentate le magnitudini raggiunte
nella galassia, durante il massimo di luminosità, da eventuali SN tipo I e
II.
Nel
caso di più oggetti nello stesso campo, per ognuno, sono riportati, quando
noti, i medesimi dati.
Galassie
Catalogo
GUIDA ALL'USO DEL CATALOGO
Vengono
riportate di seguito le intestazioni delle colonne del catalogo. Di esse viene
data una sintetica spiegazione al fine di facilitare il recupero rapido dei
dati in queste contenute.
NGC
numero progressivo dell'oggetto secondo il New General Catalog. Per le
galassie non catalogate in NGC si faccia riferimento alla colonna successiva
(ALTRO NOME).
ALTRO
NOME
nome alternativo a quello dell'NGC derivante da altri cataloghi (es UGC
= Uppsala General Catalog of galaxies, MCG = Morphological Catalogue of
Galaxies ecc.).
CAR
numero di riferimento (dall'1 al 122) della carta presente in ATLANTE.
URAN
numero di riferimento della tavola dell'atlante stellare Uranometria
2000 in cui è presente l'oggetto in esame.
COST
costellazione a cui appartiene la galassia
A.
R. ascensione retta all'equinozio 2000.
DEC.
declinazione all'equinozio 2000.
MAGN
magnitudine apparente della galassia nel V (visuale) o nel B (blu).
DIM
dimensioni apparenti in primi d'arco.
INTER
presenza (SI) o assenza (NO) di interazioni gravitazionali tra due o più
galassie.
TIPO
classificazione morfologica della galassia secondo il Revisited
Morphological Galaxy Classification System di De Vaucouleurs (vedi Tab.
1).
NUCLEO
classificazione del nucleo galattico.
ANG
angolo di posizione della galassia (per galassie elongate) espresso in
gradi e calcolato partendo da nord verso est (es ANG = 90 galassia orientata
est-ovest).
mal
distanza in milioni di anni luce.
VR
velocità di recessione in chilometri al secondo.
MD
modello della distanza, per ulteriori spiegazioni vedi appendice 2.
SN
I
magnitudine apparente al massimo di luminosità di una eventuale SN di
tipo I.
SN
II
magnitudine apparente al massimo di luminosità di una eventuale SN di
tipo II.
BRT
viene riportata la presenza o meno della galassia nell'atlante di Brian
- Thompson.
L
II
viene riportata la presenza o meno della galassia nell'atlante di Lopez
Alvarez volume II.
L
III
viene riportata la presenza o meno della galassia nell'atlante di Lopez
Alvarez volume III.
VIC
viene riportata la presenza o meno della galassia nell'atlante di
Vickers.
BUT
viene riportata la presenza o meno della galassia nell'atlante di Buil
- Thouvenot.
TAB. 1
Classificazione
morfologica delle galassie secondo Hubble riveduta da De Vaucouleurs.
Galassie
Appendici
APPENDICE
1
Ricerca di Supernovae extragalattiche tramite sensore CCD.
Da
alcuni anni, in Italia, esiste un gruppo di ricerca amatoriale di SN
extragalattiche, divenuto sezione dell'UAI nel 1990, che coordina a livello
nazionale questa impegnativa attività; ne sono responsabili Mirco Villi e
Giancarlo Cortini, gli unici astrofili italiani assieme a Federico Manzini, ad
aver scoperto visualmente almeno una SN extragalattica. Attualmente risultano
attivi circa una trentina di astrofili. Il gruppo pubblica per gli aderenti un
utilissimo bollettino in cui compaiono articoli di tecnica osservativa,
resoconti periodici dell'attività svolta, aggiornamenti sulle fonti
bibliografiche e quant'altro inerente lo specifico settore. La ricerca, per le
cui modalità rimandiamo alla bibliografia, viene effettuata per gran parte
visualmente; tale metodica, infatti, risulta più economica, più veloce e,
sino ad oggi, l'unica ad aver dato, tra i dilettanti, risultati soddisfacenti.
Sempre nel gruppo sopra citato, una esigua minoranza di astrofili usa il
sistema fotografico classico e telescopi a grande campo per controllare in
un'unica immagine estesi ammassi di galassie. Così operando si entra,
tuttavia, in diretta concorrenza con i professionisti i quali, per limiti di
tempo, sono obbligati a sorvegliare quasi esclusivamente tali zone: in esse si
rileva infatti la più alta percentuale di scoperte. Gli astronomi tralasciano
invece quasi totalmente di osservare le galassie isolate o quelle riunite in
piccoli gruppi che pertanto risultano più appetibili per gli astrofili.
Tenere controllati fotograficamente singoli oggetti, vista la bassa incidenza
di eventi tipo SN, può risultare svantaggioso tenuto conto dei tempi che la
realizzazione e l'analisi dei fotogrammi comporta. Una terza ed ultima
possibilità di ricerca è offerta dall'impiego di sensori CCD per ora ancora
poco conosciuti ma passibili di notevole diffusione anche tra i non
professionisti parallelamente ad un auspicabile abbattimento dei loro prezzi.
Quest'ultima metodologia non deve considerarsi in competizione con quella
visuale e, solo in parte, rivale a quella fotografica essendo altresì
complementare ad esse in quanto sussistono vantaggi notevolissimi e svantaggi
non trascurabili che ne limitano l'impiego ad una ben determinata categoria di
oggetti.
VANTAGGI, SVANTAGGI,
CAMPO DI APPLICAZIONE.
Dalla
fine degli anni ottanta sono disponibili, a prezzi accessibili anche ai non
professionisti, alcuni tipi di sensori CCD utilizzabili in campo astronomico
come acquisitori di immagini digitali se collegati ad un elaboratore
elettronico. Il loro grande vantaggio è dato dalla elevatissima efficienza
quantica ( 50 - 60% nel rosso, 20 - 30% nel blu) rispetto alla pellicola
tradizionale ( efficienza quantica attorno al 3- 5%). Sulla base di questa
prima considerazione è facile dedurre che nella ricerca di SN extragalattiche
l'impiego dei CCD permette di ottenere più elevate magnitudini limite (dalle
due alle quattro magnitudini) con tempi di posa estremamente contenuti. A tale
proposito basti ricordare che, a parità di telescopio, con due ore di posa su
pellicola TP 2415 ipersensibilizzata si ottengono sostanzialmente gli stessi
risultati ricavabili da un'immagine CCD di cinque minuti. Parallelamente si
tenga presente che con i telescopi attualmente più diffusi tra gli astrofili
(20 - 40 cm di diametro) la magnitudine limite visuale sotto cieli discreti
varia dalla 13,5 alla 15 circa. In queste condizioni non è possibile
l'osservazione di SN presenti in galassie distanti oltre un centinaio di
milioni di anni luce (per maggiori dettagli al riguardo si veda l'Appendice
2 "Modello della distanza"). Utilizzando sensori CCD è
possibile incrementare la magnitudine limite sino alla 17a
- 18a impiegando telescopi di 20 cm
di diametro per giungere sino alla 19a
- 20a ed oltre con strumenti da 40 -
50 cm. Diviene pertanto possibile individuare SN anche in galassie distanti
quasi un miliardo di anni luce e, cosa ben più importante, si raggiunge
quella fascia di magnitudini in cui si riscontra il maggior numero di
scoperte. Altro notevole vantaggio dell'immagine digitale, particolarmente
apprezzabile anche nella ricerca di SN, è rappresentato dall'ampio range
dinamico, ovvero dalla capacità di poter riprodurre abbastanza fedelmente una
vastissima gamma di intensità luminose senza soffrire troppo nè della sotto
nè della sovraesposizione tipica delle pellicole. Grazie a tale opportunità
è possibile analizzare sia le tenui nebulosità della periferia dei bracci,
sia i luminosi nuclei galattici, con la certezza di individuare un'eventuale
supernova; possibilità, questa, raggiungibile modificando semplicemente
alcuni parametri in fase di visualizzazione a monitor. Con il CCD l'operatore
è poi in grado di visionare immediatamente l'immagine ottenuta potendo
effettuare, in caso di riscontro positivo, una seconda immagine di conferma ed
eventualmente una accurata stima di posizione ed un'altrettanto utile
misurazione fotometrica (dal decimo al centesimo di magnitudine). Il software
a corredo dei CCD permette infatti di eseguire tali basilari analisi
dell'immagine anche se con minor precisione rispetto a programmi dedicati
acquistabili comunque a parte.
Il
più macroscopico tra gli svantaggi, anche se non il più dannoso, nel caso
specifico, è dato dalle ridotte
dimensioni della "superficie sensibile" del CCD. Conseguentemente,
l'esiguo campo apparente fotografabile impone dei limiti superiori alle
dimensioni delle galassie da inserire nel programma di ricerca e questo in
rapporto alla focale dello strumento a disposizione. A focali di 500 - 1000 mm
corrispondono rispettivamente 20 e 10 primi d'arco di campo sulla diagonale
del CCD (utilizzando sensori di 2,5 mm di lato) mentre è possibile arrivare a
25 e 14 primi d'arco con focali di 2 e 3 metri quando vengono impiegati CCD più
potenti quali ad esempio l'ST6 che vanta 8,6 X 6,5 mm di lato (ma di costo
quasi triplicato). Ricordiamo a tal proposito la formula che definisce il
campo utile coperto dal sensore per una determinata focale:
A
= ArcTg S / F
ove
A è il campo in gradi coperto, S la dimensione in mm della diagonale del CCD
ed F la focale dello strumento sempre espressa in millimetri. Concludiamo
ricordando quello che, a nostro avviso, è il vero, grande svantaggio,
purtroppo insormontabile allo stato attuale delle cose, che limita in maniera
rilevante le possibilità di
ricerca del CCD in questo campo: il minor numero di oggetti osservabili a
parità di tempo a disposizione rispetto all'osservazione visuale. Se, ad
esempio, con l'osservazione visuale si riescono ad osservare trenta galassie
in un'ora, con il CCD, un operatore con una certa pratica, ne osserverà
soltanto una decina (non più di cinque o sei per i neofiti). Riteniamo,
tuttavia, che le possibilità di scoperta non si riducano in modo
proporzionale in quanto la magnitudine limite raggiungibile sarà, a parità
di strumento, maggiore di almeno tre gradini. Tale incremento permette di
raggiungere agevolmente le magnitudini comprese tra la 16a
e la 19a ove viene segnalata la
massima frequenza di eventi (inosservabili visualmente anche con l'impiego di
telescopi di 50 cm di diametro).
Altri
svantaggi collegati all'uso di un sensore CCD quali ad esempio il costo ancora
elevato, la necessità di dover disporre di un computer, il tempo necessario
per l'addestramento, non saranno analizzati nel dettaglio in quanto esulano
dallo scopo del presente articolo.
TECNICA OSSERVATIVA E
CONSIGLI ERGONOMICI
A
prima vista colui che non ha mai utilizzato di persona un CCD potrebbe, a
ragione, rimanere sconcertato nell'udire che questi sensori necessitano di
tempi di esposizione estremamente brevi per raggiungere elevate magnitudini e,
nel contempo, constatare da quanto detto che in una notte si riescano ad
ottenere meno dati di quelli forniti dall'indagine visuale. Questa apparente
incongruenza viene facilmente chiarita analizzando le fasi (calibrazione,
posa, digitalizzazione, memorizzazione ed analisi) attraverso le quali si
giunge al risultato finale. Non è nostra intenzione descrivere nel dettaglio
tali procedure se non per suggerire alcune tecniche di ottimizzazione che
possano essere di aiuto nell'abbreviare i tempi morti tra le osservazioni. Una
cosa è comunque sempre da tenere presente e cioè che esistono serate in cui
tutto fila liscio, altre in cui, parafrasando un conosciuto detto
anglosassone, "la magia sembra andare a letto presto"; il nostro
consiglio, in tal caso, è quello di fare altrettanto.
a) Ricerca del
fuoco ottimale
E'
sempre la prima operazione da effettuare o quantomeno da verificare nel caso
in cui si pensi di aver già raggiunto in precedenza una situazione ottimale:
sbalzi di temperatura da una notte all'altra possono infatti far variare anche
notevolmente la posizione del fuoco soprattutto in telescopi con focali uguali
o superiori ai tre metri. Questa operazione, intuitiva e quasi banale
nell'osservazione all'oculare, può divenire complessa, lunga e frustrante se
effettuata per un sensore CCD quando non si pongano in atto alcuni semplici
accorgimenti.
La
focalizzazione "per tentativi", infatti, oltre ad essere impegnativa
(oltre i venti minuti) non ha mai dato, nella nostra esperienza, dei risultati
di buon livello. Nel campo della ricerca di SN anche una minima sfocatura,
determina una perdita di magnitudine che risulta estremamente deleteria in
quanto limita fortemente le possibilità di scoperta di oggetti deboli. La
funzione focus del software a corredo dei CCD non viene pertanto quasi mai
usata a tale scopo: solo nei rari casi in cui l'oggetto non è visibile
all'oculare, tale procedura viene attivata per verificare l'effettiva
centratura della galassia nel campo. In sostituzione viene da noi
routinariamente impiegato un semplice distanziatore di alluminio realizzato al
tornio dello spessore di 0,56 pollici (valore fornito dalla casa costruttrice)
corrispondente alla distanza della superficie sensibile del CCD dalla battuta
dello stesso sul tubo porta oculari. Inserito pertanto questo dispositivo nel
porta oculari si potrà ricercare il miglior fuoco ponendo una lama di
Foucault sulla superficie libera del distanziatore; otterremo il risultato
cercato agendo sul sistema di focalizzazione sino a raggiungere la situazione
di istantaneo e totale oscuramento delle ottiche al movimento della lama. Per
concludere giova ricordare che tale operazione deve essere effettuata con
eventuali filtri già inseriti nel percorso ottico dello strumento al fine di
evitare perdite di tempo nella ripetizione della procedura.
b) Settaggio dei
cerchi digitali.
Sebbene
considerato da molti un accessorio di lusso, la disponibilità di questo
comodo e relativamente poco dispendioso dispositivo permette quantomeno di
dimezzare il tempo di ricerca dell'oggetto astronomico da osservare. Attivato,
infatti, in inizio di serata resta efficiente sino allo spegnimento. Per le
procedure specifiche si rimanda ai manuali dei singoli produttori. Da parte
nostra consigliamo comunque, nel corso della notte, di effettuare alcune
operazioni di riallineamento (procedura "align") per mantenere una
adeguata precisione di puntamento.
c) Calibrazione
delle immagini
Dopo
queste preliminari operazioni si passa quindi alla calibrazione dell'immagine,
procedura non complessa ma che necessita di un'attenta valutazione delle
variabili presenti.
Di
seguito faremo riferimento alle possibilità operative del sensore
"ST6" (versione 2c) da noi utilizzato; rispetto al suo predecessore
ST4, questo nuovo CCD permette notevolissimi vantaggi quali, ad esempio, il
settaggio della temperatura di lavoro. L'ST6 è infatti in grado di diminuire
la temperatura del CCD sino a -50 gradi celsius rispetto all'ambiente
circostante mantenendola costante per tutta la durata delle osservazioni. La
bassa temperatura di lavoro permette di incrementare la resa dell'apparecchio
riducendo il rumore di funzionamento del CCD. Più elevate magnitudini limite
possono essere così raggiunte con brevi esposizioni (incremento di una
magnitudine ogni 10 gradi centigradi).
L'impostazione
della temperatura di lavoro è la prima operazione da noi eseguita dopo aver
rilevato il valore ambientale da un termometro posto dentro la cupola. Una
corretta impostazione, mantenendo rigorosamente costante il raffreddamento del
CCD evita di dover eseguire una immagine di buio (dark frame) per ogni
esposizione di luce (principio valido solo in caso si effettuino pose della
stessa durata). Fotogrammi di oscurità andranno tuttavia realizzati e
memorizzati durante tutta la notte ad intervalli di un paio di ore. Di essi
verrà fatta una media e l'immagine risultante sarà sottratta a tutti i
fotogrammi di luce ottenuti.
A
questo punto, sulle luci del tramonto o dell'alba per gli
"irriducibili", si otterranno fotogrammi di "Flat field".
Anche in questo caso sarà opportuno mediare più immagini per ottenere
risultati migliori. Se il tramonto o l'alba fossero già terminati, si potrà
usare uno schermo opaco o un telo bianco uniformemente illuminati posti
all'interno della cupola e posizionati davanti al tubo del telescopio al
momento del loro utilizzo.
Da
quando il computer è stato acceso, il telescopio predisposto ed è stata
preparata la calibrazione delle immagini sono realisticamente passati almeno
trenta - quaranta minuti durante i quali un "visualista" esperto
avrebbe osservato circa 20 - 25 galassie. E' bene sottolineare, però, che
tutte le operazioni preliminari descritte possono essere svolte quando ancora
il cielo non è perfettamente buio e quindi potrebbero non costituire
un'effettiva perdita di tempo rispetto al metodo visuale.
d) Programma di
ricerca
E'
consigliabile personalizzare il programma di ricerca in rapporto alle
caratteristiche ed alle potenzialità della strumentazione utilizzata
organizzando anticipatamente le osservazioni. Come per la fotografia
tradizionale, anche per il CCD, è importante disporre di telescopi luminosi
per poter ridurre al minimo i tempi di esposizione. Tuttavia tale necessità
risulta meno impellente che nelle osservazioni fotografiche data
l'elevatissima sensibilità dei CCD. A nostro parere, è molto più utile
disporre di focali relativamente spinte per incrementare al massimo le
dimensioni di tutte quelle piccole galassie potenziali ospiti di SN oltre la
16a magnitudine. Risulta proficuo, a nostro avviso, sorvegliare
dapprima le galassie prossime al tramonto (essendo meno controllate); molti
astrofili preferiscono, invece, iniziare le osservazioni con oggetti visibili
all'estremo est del cielo per avere maggiori possibilità di arrivare primi ad
un'eventuale scoperta. L'importante è comunque osservare quel numero di
galassie che possano essere ricontrollate con una certa sistematicità
evitando di saltellare qua e là per il cielo alla ricerca degli oggetti più
interessanti o più noti. E' doveroso sottolineare che possono essere
proficuamente utilizzate anche quelle notti in cui sia presente il disturbo
lunare essendo il CCD molto meno sensibile della pellicola al
"rumore" di fondo cielo dovuto alla presenza del nostro satellite
naturale. Per la scelta delle galassie da inserire nel programma di ricerca si
rimanda all'appendice 2 "Modello della distanza".
e) Centraggio
della galassia nel CCD
Per
focali inferiori al metro e mezzo e con sensori tipo ST6 non dovrebbero
sussistere grosse difficoltà se si dispone di adeguati cerchi di puntamento.
Per focali maggiori come quella da noi impiegata (3200mm) o per sensori più
piccoli, è invece necessario verificare il campo inquadrato. Tale riscontro
può essere effettuato senza togliere il CCD dal portaoculare ma, in questa
situazione, se l'oggetto non è già di per sè centrato (cosa molto poco
probabile), diventa estremamente complesso e lungo capire in che zona di cielo
si stia osservando anche avendo a disposizione cartine di puntamento (quasi
mai adeguate alle magnitudini raggiute dal CCD). Per tale motivo consigliamo
di verificare sempre visualmente la posizione della galassia attraverso un
oculare a grande campo dopo aver tolto il CCD. In questo modo è anche
possibile orientare con discreta precisione la diagonale del sensore con
l'asse maggiore della galassia prescelta prima di procedere all'esposizione.
Unico inconveniente di questa procedura è che muovendo il CCD dalla sua
posizione originaria sarà
necessario eseguire un flat field per ogni immagine scattata pena una vistosa
disomogeneità del fondo cielo e, cosa ben più importante, una inattendibile
taratura fotometrica dei singoli pixel componenti il CCD. Per i possessori di
potenti telescopi fotoguida potrebbe essere senz'altro vantaggioso tentare di
centrare la galassia attraverso di essi anche se così viene preclusa la
possibilità di ruotare con precisione il sensore in rapporto all'asse della
galassia.
f) Controllo
dell'immagine e cartine di riscontro
Appena
ottenuta l'immagine è necessario controllarla immediatamete per identificare
eventuali SN. E' consigliabile effettuare una preliminare, seppur minima,
elaborazione elettronica magari limitata all'ottimizzazione del fondo cielo
(background) e delle alte luci (range) in quanto è così possibile apprezzare
sia le deboli stelle di luminosità prossima a quella del fondo cielo sia le
stelle presenti in prossimità dei luminosi nuclei galattici. Particolare
attenzione va posta nel riconoscere la presenza di eventuali pixel
"caldi" (generati da raggi cosmici e/o da malfunzionamenti del
sensore) che potrebbero facilmente simulare l'immagine di una stella ospite.
La fretta di proseguire il lavoro potrebbe indurre a controllare tutte le
immagini della sessione al mattino successivo; questo grave errore non deve
essere commesso poichè la presenza di un eventuale oggetto "in più"
obbligherà ad ottenere una seconda esposizione che servirà quale riscontro
positivo (SN, variabile, pianeta minore) o negativo. Una più accurata
elaborazione verrà demandata al giorno seguente quando, con più calma e
senza sottrarre tempo alle osservazioni potremo ottimizzare la resa dei
fotogrammi anche dal lato estetico per poi memorizzarli definitivamente,
pronti per essere impiegati come carte di riscontro in successivi controlli.
Le
fonti da cui trarre le cartine di controllo esistenti in commercio solo da un
paio d'anni sono all'altezza delle potenzialità dei CCD. Il materiale
utilizzato per i controlli visuali, infatti, sebbene molto valido, risulta non
adeguato alle magnitudini limite raggiunte "elettronicamente" anche
con soltanto pochi minuti di posa e telescopi nell'ordine dei 25 - 30 cm di
diametro. A nostro parere, l'unico atlante veramente soddisfacente è
rappresentato dall'opera degli astronomi Buil e Touvenot: una raccolta di
circa 3000 immagini digitali ottenute con il telescopio riflettore da 60 cm di
diametro dell'osservatorio francese del "Pic du Midì" aventi
magnitudine limite attorno alla 21. Una fonte alternativa molto valida è data
da immagini fotografiche ottenute dall'osservatorio di Monte Palomar; le circa
400 immagini sono disponibili, dietro rimborso delle spese di fotocopiatura,
presso i responsabili della sezione ricerca di SN extragalattiche dell'Unione
Astrofili Italiani più sopra nominata.
Riteniamo
tuttavia giustificato disporre di un proprio atlante digitale realizzato
personalmente con le immagini accumulate durante le osservazioni.
I NOSTRI RISULTATI
Come
precedentemente ricordato, da circa due anni, gli Autori sono impegnati nella
ricerca di SN extragalattiche tramite sensore CCD.
Inizialmente
fu impiegato il famoso e relativamente diffuso sensore ST4 che, tuttavia,
deluse in parte le aspettative sia per il ridottissimo campo apparente coperto
sia per le difficoltà incontrate nelle procedure di calibrazione
dell'immagine che limitarono fortemente il suo utilizzo.
Successivamente
fu adottata una versione evoluta dello stesso denominata ST6 che a tutt'oggi
ha dato i migliori risultati facendo ben sperare per il futuro. Con questa
seconda apparecchiatura, dalle prestazioni professionali, è stato possibile
ottenere risultati nettamente superiori di quelli raggiunti con emulsioni
fotografiche tipo TP 2415 ipersensibilizzata. Con la strumentazione ottica da
noi impiegata (telescopio riflettore Ritchey - Chretien di 400 mm di diametro
e 3200 mm di focale) il campo coperto dal sensore (circa 7' X 9' d'arco) è
risultato sufficiente per la gran parte degli oggetti sorvegliati in parte
grazie alla possibilità di orientare correttamente la diagonale del CCD con
l'asse maggiore della galassia. In circa un anno di osservazioni sono state
memorizzate oltre 250 immagini digitali molte delle quali comprendenti più di
una galassia. I tempi di posa sono stati di cinque minuti
per quasi tutti gli oggetti con rare eccezioni di 2, 6, 8 e 16 minuti.
La magnitudine limite stimata è compresa tra la sedici e la venti.
Tenuto
presente che le immagini sono state ottenute a 346 metri sul livello del mare,
a soli cinque chilometri dalla città della Spezia, senza l'impiego di filtri
e, a volte, con la presenza di un debole disturbo lunare, i risultati
acquisiti sono considerati molto positivi ed illustrano le potenzialità della
ricerca astronomica amatoriale in un campo, sino a pochi anni orsono, di
competenza quasi esclusiva dei professionisti.
Concludiamo
riassumendo alcuni tra i più importanti suggerimenti proposti:
1)
Ottenere la massima precisione nella focheggiatura del CCD; consigliabile
l'impiego della lama di Foucault.
2)
Determinare in inizio di serata e correttamente il tempo di integrazione e la
temperatura di lavoro del sensore.
3)
Massima riduzione dei tempi morti.
4)
Sfruttare anche le notti poco limpide e/o con poco disturbo lunare.
5)
Controllare immediatamente ogni immagine e se necessario ripeterne una seconda
per conferma se vi è il sospetto di un evento tipo SN.
6)
Comunicare quanto prima una eventuale scoperta ai responsabili della sezione
ricerca di SN extragalattiche dell'UAI di
cui diamo di seguito il recapito: Mirco Villi Casella Postale 7114 -
47100 Forlì, Tel 0543 - 725456
APPENDICE
2
Modello della distanza
Il
modello o modulo della distanza delle galassie (DM) è un numero direttamente
proporzionale alla distanza della galassia di appartenenza. Il DM, in pratica,
corrisponde alla somma, in valore assoluto, della magnitudine visuale
apparente, che indicheremo con m e della magnitudine assoluta che indicheremo
con M. Ricordiamo che la magnitudine assoluta è la luminosità che avrebbe un
oggetto se fosse posto a 10 PARSEC (ovvero 32.6 anni luce di distanza dalla
terra).
Matematicamente
il DM si esprime con la seguente formula:
1)
DM = m - M
(da
ricordare che i due valori di magnitudine devono essere espressi nella stessa
lunghezza d'onda per essere del tutto paragonabili). Con questo tipo di
calcolo si ottiene un valore assoluto proporzionale alla luminosità
dell'oggetto e dipendente dalla distanza a cui esso è posto. Ad esempio la
galassia NGC 4321 (M 100) possiede una magnitudine assoluta M = -21.76 ed una
magnitudine apparente di m = 10.00 per cui il modulo della distanza sarà
DM
= 10.00 - (-21.76) = 31.76
Banalmente
dalla 1) si possono estrapolare sia m che M e quindi potremmo scrivere che
2)
m = DM + M
3) M = DM - m
Bisogna
precisare che la formula che esprime in modo rigoroso il valore del modello
della distanza è la seguente:
4)
DM = m - M - Dv
dove
Dv rappresenta l'estinzione galattica.
A
seconda infatti della direzione in cui osserviamo, rispetto al piano della
nostra galassia, nubi di materia oscura interstellare si interpongono tra noi
e la galassia osservata falsandone la magnitudine apparente. Se, ad esempio,
osserviamo un oggetto posto molto vicino al piano galattico avremo un valore
di Dv molto più alto rispetto ad un oggetto posto a 90° da esso. Tale valore
però non è ben conosciuto ed è inoltre molto variabile anche tra zone
prospetticamente vicine. Di conseguenza la formula di più largo uso rimane la
1).
L'utilizzo
del DM è giustificato dalla necessità di conoscere con buona approssimazione
la magnitudine di una eventuale SN posta all'interno di una galassia. Dalla
formula 2) possiamo calcolare la magnitudine apparente che raggiungerà una
supernova durante il suo massimo
di luminosità. Sappiamo infatti dalla teoria che una supernova di tipo I,
raggiungerà all'apice di luminosità, la magnitudine assoluta M uguale a
circa -18.5, mentre una supernova di tipo II raggiungerà circa la -16.5.
Applichiamo
queste nozioni al calcolo della luminosità di un'ipotetica supernova nella
galassia presa come esempio (M 100); utilizzando la formula 2) ricaviamo che
SN di TIPO I avranno una magnitudine apparente di
m
= 31.76 + (-18.5) = 13.26
mentre
quelle di TIPO II avranno
magnitudine
m
= 31.76 + (-16.5) = 15.26
Per
chi fa ricerca di supernovae, poter disporre di questi valori, seppure del
tutto indicativi, è di fondamentale importanza, perchè permette di inserire
nel programma di ricerca soltanto quelle galassie le cui SN siano registrabili
dal sistema utilizzato (telescopio, CCD, sito di osservazione). Sarà infatti
inutile sorvegliare quelle galassie nelle quali le possibili supernovae non
raggiungeranno la magnitudine limite del proprio strumento. Se ad esempio
verifichiamo che in condizioni "medie" il nostro apparato
osservativo è in grado di raggiungere la magnitudine 19, basterà calcolare
dalla 1) il modello della distanza di una ipotetica galassia contenente una SN
di tipo II (magnitudine assoluta stimata circa uguale a -16.5) e si otterrà
il valore di 35.5. Tale valore corrisponde ad una distanza di circa 400
milioni di anni luce e rappresenta il limite entro il quale potremo osservare
eventi tipo SN.
Analogamente,
per inverso, l'osservazione di supernovae durante il loro massimo permette di
stabilire la distanza della
galassia di appartenenza. Applicando infatti ancora l'espressione 1)
calcoleremo il DM della galassia.
Un'ottima
fonte da cui ricavare le magnitudini (assolute ed apparenti) di molte
galassie, è rappresentata dal "Principal Galaxies Catalog"
contenente alcune migliaia di oggetti e disponibile a richiesta su file
DBF presso la sezione di ricerca di SN extragalattiche citata in Appendice
1.
Galassie
[1]P.
Pietrapiana, G. Scarfì, L. Zannoni: Proposta
di atlante digitalizzato per la ricerca di supernovae extragalattiche,
relazione al XXV Congresso U.A.I., Bologna, Settembre 1991; Astronomica, nr
2 Maggio-Agosto 1992.
PER MANCANZA DI SPAZIO ABBIAMO PUBBLICATO SOLO LA PARTE TESTO DEL LIBRO SENZA LE IMMAGINI L'ATLANTE ED IL CATALOGO |