A s s o c i a z i o n e    A s t r o f i l i    S p e z z i n i

 

Osservatorio  Astronomico  Sociale  di  Monte  Vissegi

 

 

 

 

G A L A S S I E

 

 

GUIDA ALLA RICERCA DI SUPERNOVAE TRAMITE SENSORE CCD

 

 

 

 

L. Zannoni, G. Scarfì, P. Pietrapiana, G. Bonatti

 

 

Studi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Supplemento al numero 8 della rivista

 

ASTRONOMICA

Periodico quadrimestrale dell'Associazione Astrofili Spezzini

 

 

 

 

Stampato ed impaginato in proprio dall'Associazione Astrofili Spezzini

Progetto grafico di Paolo Pietrapiana.

 

Finito di stampare nel mese di Agosto 1994

 

 

 

L. Zannoni, G. Scarfì, P. Pietrapiana, G. Bonatti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

G A L A S S I E

 

 

GUIDA ALLA RICERCA DI SUPERNOVAE TRAMITE SENSORE CCD

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A s s o c i a z i o n e    A s t r o f i l i    S p e z z i n i

 

Osservatorio  Astronomico  Sociale  di  Monte  Vissegi

 


 

PREFAZIONE

 

 

 

 

Negli ultimi quindici anni l'avvento dei sensori C.C.D. ha cambiato radicalmente il modo di fare ricerca astronomica sia in ambito professionale che amatoriale.

 

In campo amatoriale, seppure i sistemi C.C.D. siano presenti sul mercato a prezzi accessibili dalla fine degli anni ottanta, sensibili progressi sono già stati registrati nell'evoluzione degli stessi sensori e nel settore dell'informatica di supporto, sia per quanto riguarda la potenza dei personal computers sia per la ricchezza ed il valore del software specifico sviluppato.

Parallelamente a questa crescita, gli astrofili hanno dimostrato un crescente interesse per la ricerca di supernovae extragalattiche (SNe), sviluppando notevoli esperienze e capacità  soprattutto con il metodo visuale.

 

Ben presto, però, l'uso del C.C.D. è parso come una metodologia piuttosto vantaggiosa  per lo sviluppo della ricerca amatoriale di SNe[1]: l'alta sensibilità del sensore permette la produzione, nell'arco di una sola notte, di una notevole quantità di immagini  offrendo al contempo la possibilità di confrontare le stesse via software in modo assai rapido e sicuro.

 

In campo professionale, sono già operativi alcuni osservatori astronomici progettati specificamente per la ricerca automatizzata di SNe, mentre nel mondo amatoriale le cose procedono certo più lentamente a causa delle difficoltà persistenti nel reperire i fondi necessari. Ma per gli astrofili quello finanziario non si è rivelato fino ad oggi l'unico problema: un'ostacolo notevole è rappresentato anche dalla difficoltà di reperire testi che riportino immagini di galassie con stelle di campo di magnitudine elevata (19-20) indispensabili per effettuare un preciso lavoro di raffronto.   

La stessa possibilità di registrare elevate magnitudini ha spinto i ricercatori dilettanti a monitorare galassie più lontane, meno luminose e quindi poco conosciute: da qui le sopravvenute difficoltà nel puntamento e nel centraggio degli oggetti nel ristretto campo del sensore C.C.D. in quanto galassie oltre la 11a 12a magnitudine non sono visibili all'oculare dei telescopi normalmente utilizzati dai non professionisti (sino a 40-50 centimetri di diametro) ed obbligano a basarsi unicamente sulle stelle di campo.

 

In quest'ordine di cose, gli atlanti a disposizione del dilettante per il tipo di ricerca prospettata erano pochi, costosi ma soprattutto insufficienti, poiché prendevano in considerazione magnitudini molto inferiori a quelle raggiungibili con le nuove tecnologie.

Unica alternativa era rappresentata dall'utilizzo di immagini riprese dai più potenti telescopi professionali, che però presentavano l'inconveniente di mostrare campi stellari molto più ricchi e dettagliati di quelli ottenibili dall'astrofilo e perciò confrontabili con difficoltà.

 

Riassumendo, i due principali problemi che incontrano generalmente  gli astrofili nel momento in cui si affacciano alla ricerca di SNe mediante uso di sensore C.C.D. sono:

 

1) il puntamento di oggetti generalmente non visibili all'oculare del telescopio

2) reperire fotografie in cui siano presenti, oltre alla galassia in esame, stelle di campo di magnitudine limite uguale o superiore a quella delle proprie immagini.

 

Sulla base di queste considerazioni, anche se in tempi recenti la pubblicazione di alcuni atlanti di immagini digitali di profondo cielo (quali il B - T ATLAS di Christian Buil ed Eric Thouvenot e quello di John  C. Vickers) nonchè la comparsa su CD-ROM del Guide Star Catalog abbiano già contribuito in parte a colmare il vuoto editoriale evidenziato, è sorta l'esigenza di realizzare la presente Guida.

A nostro avviso, infatti, pur senza mettere in dubbio il valore e la completezza delle opere citate, mancava ancora una pubblicazione dedicata al campo specifico della ricerca di SNe tramite sensore C.C.D., che includesse carte di riscontro, immagini digitali con stelle di campo di luminosità adeguata ed i valori delle magnitudini teoriche di eventuali SN nell'oggetto considerato.

Tale pubblicazione, infine, doveva essere una Guida consultabile con la massima facilità.

 

La presente opera vuole dunque rappresentare uno strumento di lavoro completo sia per chi intenda avvicinarsi alla ricerca di SNe sia per tutti coloro che abbiano già maturato nel campo specifico una discreta esperienza. 

Si è cercato, in particolare, di fornire per ogni singolo oggetto il maggior numero di informazioni attraverso un Catalogo il più dettagliato possibile e di ottimizzare la fase di puntamento includendo in  Atlante carte stellari opportunamente ruotate per simulare la visione telescopica all'oculare; a tali carte sono state affiancate, nelle singole Schede, stampe in B/N di galassie ad alta risoluzione ed elevata magnitudine limite delle stelle di campo al fine di avere a disposizione uno strumento di confronto adeguato nella fase di controllo delle immagini digitali.

Al supporto cartaceo si è pensato di affiancare due floppy disk da 3,5 pollici contenenti tutte le immagini di galassie presenti in Atlante, poiché nel passaggio dal supporto informatico (anche se nel nostro caso l'operazione è stata ottenuta tramite stampante laser) si verifica comunque una perdita di informazioni sempre importanti nei casi di dubbia interpretazione. E' stata comunque scelta la stampa quale supporto principale perchè il computer con il quale si lavora risulta, in genere, già impegnato nella gestione della camera C.C.D. e, in alcuni casi, anche nella gestione del puntamento del telescopio: il salto continuato da un software all'altro, altrimenti eliminabile solo con l'ausilio di più computers, cosa non ancora comune, è a nostro avviso un modo non ottimale di operare in quanto impedisce un raffronto immediato delle immagini ottenute al telescopio con quelle già in archivio.

Infine, un'utile introduzione alla ricerca di SNe con uso di CCD può essere rappresentata dalle Appendici, mentre la Bibliografia proposta richiama ad opportuni approfondimenti di sicura portata dell'astrofilo medio. 

 

Il nostro augurio è che, grazie anche al contributo di questa Guida possa essere svolto un profiquo lavoro di ricerca in uno dei campi più promettenti e stimolanti dell'intero orizzonte scientifico amatoriale. 

 

Ringraziamo il Signor Bill Gray per la gentile concessione d'uso del programma "Guide 2.0" a cui si deve la realizzazione delle carte stellari di rifeimento presenti in Atlante. Un ringraziamento particolare va agli amici dell'Associazione Astrofili Spezzini per i preziosi consigli e la collaborazione prestata nella realizzazione del presente volume.

 

 

 

Gli Autori

 

INTRODUZIONE

 

 

 

 

ORGANIZZAZIONE GENERALE DELLA GUIDA

 

Nel progettare questa pubblicazione ci si è posti come scopo principale l'ottenimento della massima semplicità e flessibilità d'uso.

 

La Guida può considerarsi divisa in due parti principali, il Catalogo e l'Atlante, le quali parti sono precedute dalla presente Introduzione, seguite da due Appendici e dalla  Bibliografia.

 

Si è cercato di offrire per ogni galassia la massima quantità di dati collegati tra loro in modo semplice ed immediato. Le 122 Schede che compongono l'Atlante visualizzano 171 oggetti; esse sono numerate in ordine progressivo di ascensione retta e trovano nel Catalogo un naturale complemento.

 

 

 

 

 

 

CRITERI DI SCELTA DELLE GALASSIE

 

Riportiamo i criteri guida sui quali ci si è basati per la scelta delle galassie da inserire nel Catalogo e nell'Atlante.

 

1) Dimensione: si sono prese in considerazione quelle galassie il cui diametro massimo non risultasse superiore ai 10 primi d'arco (fanno eccezione soltanto cinque galassie). La scelta è imposta dalle dimensioni dei C.C.D. attualmente a disposizione degli astrofili.

 

2) Distanza della galassia: sicuramente il più importante fattore discriminante. Tenendo sempre in debita considerazione le dimensioni medie del telescopio amatoriale, la trasparenza del cielo e la sensibilità del sensore C.C.D. anch'esso considerato a livello amatoriale, abbiamo ritenuto di porre la magnitudine limite strumentale intorno al valore 19. Sarebbe stato inutile, infatti, inserire  galassie la cui distanza è tale da far sì che un'eventuale SN di tipo I non raggiunga, al suo massimo, una luminosità superiore di almeno un fattore 2,5 rispetto alla magnitudine limite strumentale. Attraverso il calcolo del Modello della Distanza è possibile stabilire in anticipo e con buona approssimazione la magnitudine massima raggiungibile da una eventuale SN tipo I o tipo II in una galassia posta ad una distanza nota. L'argomento è opportunamente approfondito in appendice 2.

 

3) Inclinazione del piano della galassia rispetto alla nostra linea visuale: si tratta di un parametro che assume una rilevanza notevole nella ricerca di SNe poiché con il piano di rotazione della galassia sotto osservazione posto a 90° rispetto alla nostra linea di vista risultano massime le possibilità di scoperta: ciò è da attribuire in gran parte alla minor quantità di materia oscura che si frappone tra l'osservatore e l'eventuale supernova.

Si ritiene, sulla base di stime statistiche, che per questo preciso motivo siano state numerose le SNe passate inosservate.

 

4) Morfologia della galassia: Sempre da calcoli statistici e sulla base della teoria fisica, la frequenza di apparizione di SNe in una qualsiasi galassia è in relazione alla sua età ed alla sua morfologia. Sono infatti gli oggetti più giovani, come le spirali classiche o barrate, a far registrare la massima frequenza di apparizioni; proprio a tali tipologie di oggetti è stata data in quest'opera una rilevante priorità.

 

5) Assenza in altri cataloghi: dove è stato possibile si è cercato di dare la precedenza a quegli oggetti la cui immagine è difficilmente reperibile in altre pubblicazioni dello specifico campo di ricerca.

 

6) Magnitudine: si sono selezionate prevalentemente galassie con magnitudini oltre la 11 per evitare sovrapposizioni con altri cataloghi già esistenti quali ad esempio il Brian -Thompson ed il Lopez Alvarez.

 

7) Distribuzione in A.R.: nei limiti del consentito si è cercato di privilegiare galassie abbastanza isolate o a piccoli gruppi cercando di evitare oggetti già controllati routinariamente dai professionisti.

 

 

 

 

Nota: per motivi di prospettiva, oltre alla galassia principale possono essere presenti nel campo altre galassie con caratteristiche diverse da quelle definite in precedenza. Abbiamo ritenuto utile catalogare anche questi oggetti riportandone le caratteristiche principali, là dove conosciute, al fine di conferire alla Guida una maggiore completezza.

 

 

 

 

 

 

STRUMENTAZIONE UTILIZZATA PER L'ACQUISIZIONE DELLE IMMAGINI DIGITALI

 

 

TELESCOPIO

Lo strumento utilizzato è quello in dotazione all'Osservatorio Astronomico Sociale di  Monte Vissegi di proprietà dell'Associazione Astrofili Spezzini. Si tratta di un  riflettore tipo Ritchey-Chretien del diametro di 400 mm (focale 3200 mm) su  montatura equatoriale a forcella. Durante l'acquisizione delle immagini digitali lo strumento è stato diaframmato a 350 mm.

L'inseguimento è stato eseguito mediante guida fuori asse e con l'ausilio di oculare munito di crocicchio illuminato.

Utile è risultato l'impiego dei cerchi digitali per il puntamento degli oggetti più deboli non visibili all'oculare.

Per ottenere le immagini non sono stati impiegati filtri spettrali al fine di raggiungere elevate magnitutini limite con tempi di integrazione il più possibile contenuti.

 

 

SENSORE C.C.D.

Il sensore C.C.D. adottato è il noto ST-6 della ditta californiana S.B.I.G.

Rettangolare di 8.6 x 6.5 mm di lato, il C.C.D. in questione possiede 375 x 242 pixels. Ogni pixel misura 23 x 27 micron: il lato maggiore giace sulla fila da 242 pixels, mentre il minore su quella da 375 pixels.

Posto al fuoco principale del telescopio di Monte Vissegi, il sensore ST6 copre un campo di 9 x 7 primi d'arco con una diagonale di 11 primi; possiede un sistema di termostatazione a celle di Peltier capace di raffreddarlo di 50° centigradi rispetto all'ambiente consentendo al contempo una precisione di un decimo di grado nel mantenimento della temperatura prestabilita. Tali caratteristiche hanno facilitato ed ottimizzato le procedure relative alla calibrazione delle immagini.

La risposta spettrale del sensore ST6 copre dai 350 ai 900 nanometri, con un picco di efficenza quantica del 70% a 700 nanometri.

 

SOFTWARE 

Il software utilizzato è composto da due programmi principali: il primo, in dotazione al sensore ST6, permette l'acquisizione delle immagini e la loro calibrazione, mentre il secondo ha permesso di ottimizzare la visualizzazione delle immagini mediante opportuna elaborazione.

Gli scopi principali dell'elaborazione delle immagini digitali sono stati tre:

 

a) evidenziare sia i particolari del nucleo che quelli molto più deboli della periferia. In questo modo, anche se un'eventuale supernova si trovasse all'interno del nucleo, sarebbe comunque riconoscibile. Onde consentire questo tipo di visualizzazione  sono state usate funzioni che operano sull'istogramma dell'immagine come rappresentazioni logaritmiche dei toni di grigio, equalizzazioni e potenze di istogrammi.

 

b) visualizzare le stelle meno luminose, il cui segnale è di poco superiore rispetto al rumore di fondo cielo. Per ottenere ciò sono stati impiegati appositi filtri mediani, gaussiani e convoluzioni.

 

c) visualizzare il maggior numero possibile di particolari morfologici della galassia evidenziando gli ammassi e le nebulosità per meglio distinguerli da eventuali SNe. A questo proposito si è provveduto ad incrementare per quanto possibile il contrasto dell'immagine.

 

In qualche caso, inoltre, dove la morfologia stessa della galassia lo richiedeva, sono state applicate le nuove tecniche di elaborazione immagini conosciute con il nome di Maximum Entropy Deconvolution. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Galassie

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Atlante

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


GUIDA ALL'USO DELL'ATLANTE

 

 

 

 

L'Atlante si compone di 122 Schede, ognuna delle quali evidenzia un campo stellare in cui sono presenti una o più galassie per un totale di 171 oggetti. Le Schede sono state ideate in modo da renderne l'uso per quanto più possibile pratico e veloce: in esse sono riportate sinteticamente le informazioni essenziali relative ai vari oggetti per consentire una corretta attività di ricerca di SNe. Per maggiori dettagli circa i singoli oggetti si rimanda all'uso del Catalogo.

 

Le Schede sono stampate su di un solo lato al fine di facilitarne l'impiego al telescopio: a seconda dello strumento utilizzato, l'immagine all'oculare può apparire capovolta e/o speculare rispetto a quella riportata, eventualità in cui sarà sufficiente retroilluminare la Scheda stessa dopo averla opportunamente orientata. Anche la rilegatura della Guida risponde ad esigenze di praticità ed ergonomia: l'uso della spirale in plastica consente, grazie alla possibilità di estrarre ogni singolo foglio, di operare al telescopio con una sola carta alla volta.

 

Ogni Scheda è strutturata in cinque finestre principali.

 

1) la prima in alto a sinistra contiene il nome delle galassie presenti nel campo, delle quali si riportano i valori di ascensione retta e declinazione all'equinozio dell'anno 2000, la magnitudine nel blu o nel visuale, e le dimensioni.

 

2) la seconda, in alto a destra, contiene il numero progressivo della Scheda, utile punto di collegamento con il Catalogo; la progressione è in funzione dell'ascensione retta dell'oggetto, sempre riferita all'equinozio dell'anno 2000: osservando gli oggetti in ordine di ascensione retta crescente si riducono al minimo i tempi necessari per i puntamenti.

 

3) la terza, la più grande, al centro leggermante in alto, rappresenta la carta di riscontro dell'oggetto. Al suo interno, in un cielo di 40 x 30 primi d'arco centrato sulla galassia principale, è presente un campo circolare del diametro di 30 primi che offre un'ulteriore indicazione circa le posizioni delle stelle e la grandezza del campo coperto. La scelta è stata operata in funzione dell'uso visuale del telescopio e di una sufficiente precisione nella centratura con il C.C.D. degli oggetti non direttamente visibili all'oculare. L'orientamento del campo è segnalato in basso a sinistra ed è uguale per tutte le carte con il Nord in basso e l'Est a destra, poiché ciò corrisponde alla visione diretta con oculare senza l'uso di prismi in telescopi tipo Cassegrain. Ancora in basso a sinistra sono segnalate le grandezze di rappresentazione delle stelle in funzione della magnitudine. Grazie al tratto evidenziatore dei confini delle galassie viene data pure un'indicazione approssimativa circa il loro orientamento, l'inclinazione sulla linea visuale ed il diametro apparente. 

 

4) nella quarta, in basso a sinistra, viene riportata l'immagine digitale dell'oggetto. Il campo ricoperto è di 9 x 7 primi d'arco e vi sono visualizzate stelle attorno alla 19a magnitudine.

 

5) nella quinta, in basso a destra, sono rappresentate le magnitudini raggiunte nella galassia, durante il massimo di luminosità, da eventuali SN tipo I e II.

Nel caso di più oggetti nello stesso campo, per ognuno, sono riportati, quando noti, i medesimi dati.


 


Galassie

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Catalogo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


GUIDA ALL'USO DEL CATALOGO

 

 

 

 

 

 

Vengono riportate di seguito le intestazioni delle colonne del catalogo. Di esse viene data una sintetica spiegazione al fine di facilitare il recupero rapido dei dati in queste contenute.

 

 

NGC  numero progressivo dell'oggetto secondo il New General Catalog. Per le galassie non catalogate in NGC si faccia riferimento alla colonna successiva (ALTRO NOME).

 

 

ALTRO NOME  nome alternativo a quello dell'NGC derivante da altri cataloghi (es UGC = Uppsala General Catalog of galaxies, MCG = Morphological Catalogue of Galaxies ecc.).

 

 

CAR  numero di riferimento (dall'1 al 122) della carta presente in ATLANTE.

 

 

URAN  numero di riferimento della tavola dell'atlante stellare Uranometria 2000 in cui è presente l'oggetto in esame.

 

 

COST  costellazione a cui appartiene la galassia

 

 

A. R.  ascensione retta all'equinozio 2000.

 

 

DEC.  declinazione all'equinozio 2000.

 

 

MAGN  magnitudine apparente della galassia nel V (visuale) o nel B (blu).

 

 

DIM  dimensioni apparenti in primi d'arco.

 

 

INTER  presenza (SI) o assenza (NO) di interazioni gravitazionali tra due o più galassie.

 

 

TIPO  classificazione morfologica della galassia secondo il Revisited Morphological Galaxy Classification System di De Vaucouleurs (vedi Tab. 1).

 

 

NUCLEO  classificazione del nucleo galattico.

 

 

ANG  angolo di posizione della galassia (per galassie elongate) espresso in gradi e calcolato partendo da nord verso est (es ANG = 90 galassia orientata est-ovest).

 

 

mal  distanza in milioni di anni luce.

 

 

VR  velocità di recessione in chilometri al secondo.

 

 

MD  modello della distanza, per ulteriori spiegazioni vedi appendice 2.

 

 

SN I  magnitudine apparente al massimo di luminosità di una eventuale SN di tipo I.

 

 

SN II  magnitudine apparente al massimo di luminosità di una eventuale SN di tipo II.

 

 

BRT  viene riportata la presenza o meno della galassia nell'atlante di Brian - Thompson.

 

 

L II  viene riportata la presenza o meno della galassia nell'atlante di Lopez Alvarez volume II.

 

 

L III  viene riportata la presenza o meno della galassia nell'atlante di Lopez Alvarez volume III.

 

 

VIC  viene riportata la presenza o meno della galassia nell'atlante di Vickers.

 

 

BUT  viene riportata la presenza o meno della galassia nell'atlante di Buil - Thouvenot.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

     TAB. 1

 

     Classificazione morfologica delle galassie secondo Hubble riveduta da De Vaucouleurs.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



Galassie

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Appendici

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



APPENDICE 1

 

 

 

 

 

Ricerca di Supernovae extragalattiche tramite sensore CCD.

 

 

 

 

 

 

Da alcuni anni, in Italia, esiste un gruppo di ricerca amatoriale di SN extragalattiche, divenuto sezione dell'UAI nel 1990, che coordina a livello nazionale questa impegnativa attività; ne sono responsabili Mirco Villi e Giancarlo Cortini, gli unici astrofili italiani assieme a Federico Manzini, ad aver scoperto visualmente almeno una SN extragalattica. Attualmente risultano attivi circa una trentina di astrofili. Il gruppo pubblica per gli aderenti un utilissimo bollettino in cui compaiono articoli di tecnica osservativa, resoconti periodici dell'attività svolta, aggiornamenti sulle fonti bibliografiche e quant'altro inerente lo specifico settore. La ricerca, per le cui modalità rimandiamo alla bibliografia, viene effettuata per gran parte visualmente; tale metodica, infatti, risulta più economica, più veloce e, sino ad oggi, l'unica ad aver dato, tra i dilettanti, risultati soddisfacenti. Sempre nel gruppo sopra citato, una esigua minoranza di astrofili usa il sistema fotografico classico e telescopi a grande campo per controllare in un'unica immagine estesi ammassi di galassie. Così operando si entra, tuttavia, in diretta concorrenza con i professionisti i quali, per limiti di tempo, sono obbligati a sorvegliare quasi esclusivamente tali zone: in esse si rileva infatti la più alta percentuale di scoperte. Gli astronomi tralasciano invece quasi totalmente di osservare le galassie isolate o quelle riunite in piccoli gruppi che pertanto risultano più appetibili per gli astrofili. Tenere controllati fotograficamente singoli oggetti, vista la bassa incidenza di eventi tipo SN, può risultare svantaggioso tenuto conto dei tempi che la realizzazione e l'analisi dei fotogrammi comporta. Una terza ed ultima possibilità di ricerca è offerta dall'impiego di sensori CCD per ora ancora poco conosciuti ma passibili di notevole diffusione anche tra i non professionisti parallelamente ad un auspicabile abbattimento dei loro prezzi. Quest'ultima metodologia non deve considerarsi in competizione con quella visuale e, solo in parte, rivale a quella fotografica essendo altresì complementare ad esse in quanto sussistono vantaggi notevolissimi e svantaggi non trascurabili che ne limitano l'impiego ad una ben determinata categoria di oggetti.

 

VANTAGGI, SVANTAGGI, CAMPO DI APPLICAZIONE.

 

Dalla fine degli anni ottanta sono disponibili, a prezzi accessibili anche ai non professionisti, alcuni tipi di sensori CCD utilizzabili in campo astronomico come acquisitori di immagini digitali se collegati ad un elaboratore elettronico. Il loro grande vantaggio è dato dalla elevatissima efficienza quantica ( 50 - 60% nel rosso, 20 - 30% nel blu) rispetto alla pellicola tradizionale ( efficienza quantica attorno al 3- 5%). Sulla base di questa prima considerazione è facile dedurre che nella ricerca di SN extragalattiche l'impiego dei CCD permette di ottenere più elevate magnitudini limite (dalle due alle quattro magnitudini) con tempi di posa estremamente contenuti. A tale proposito basti ricordare che, a parità di telescopio, con due ore di posa su pellicola TP 2415 ipersensibilizzata si ottengono sostanzialmente gli stessi risultati ricavabili da un'immagine CCD di cinque minuti. Parallelamente si tenga presente che con i telescopi attualmente più diffusi tra gli astrofili (20 - 40 cm di diametro) la magnitudine limite visuale sotto cieli discreti varia dalla 13,5 alla 15 circa. In queste condizioni non è possibile l'osservazione di SN presenti in galassie distanti oltre un centinaio di milioni di anni luce (per maggiori dettagli al riguardo si veda l'Appendice 2 "Modello della distanza"). Utilizzando sensori CCD è possibile incrementare la magnitudine limite sino alla 17a - 18a impiegando telescopi di 20 cm di diametro per giungere sino alla 19a - 20a ed oltre con strumenti da 40 - 50 cm. Diviene pertanto possibile individuare SN anche in galassie distanti quasi un miliardo di anni luce e, cosa ben più importante, si raggiunge quella fascia di magnitudini in cui si riscontra il maggior numero di scoperte. Altro notevole vantaggio dell'immagine digitale, particolarmente apprezzabile anche nella ricerca di SN, è rappresentato dall'ampio range dinamico, ovvero dalla capacità di poter riprodurre abbastanza fedelmente una vastissima gamma di intensità luminose senza soffrire troppo nè della sotto nè della sovraesposizione tipica delle pellicole. Grazie a tale opportunità è possibile analizzare sia le tenui nebulosità della periferia dei bracci, sia i luminosi nuclei galattici, con la certezza di individuare un'eventuale supernova; possibilità, questa, raggiungibile modificando semplicemente alcuni parametri in fase di visualizzazione a monitor. Con il CCD l'operatore è poi in grado di visionare immediatamente l'immagine ottenuta potendo effettuare, in caso di riscontro positivo, una seconda immagine di conferma ed eventualmente una accurata stima di posizione ed un'altrettanto utile misurazione fotometrica (dal decimo al centesimo di magnitudine). Il software a corredo dei CCD permette infatti di eseguire tali basilari analisi dell'immagine anche se con minor precisione rispetto a programmi dedicati acquistabili comunque a parte.

Il più macroscopico tra gli svantaggi, anche se non il più dannoso, nel caso specifico, è dato dalle  ridotte dimensioni della "superficie sensibile" del CCD. Conseguentemente, l'esiguo campo apparente fotografabile impone dei limiti superiori alle dimensioni delle galassie da inserire nel programma di ricerca e questo in rapporto alla focale dello strumento a disposizione. A focali di 500 - 1000 mm corrispondono rispettivamente 20 e 10 primi d'arco di campo sulla diagonale del CCD (utilizzando sensori di 2,5 mm di lato) mentre è possibile arrivare a 25 e 14 primi d'arco con focali di 2 e 3 metri quando vengono impiegati CCD più potenti quali ad esempio l'ST6 che vanta 8,6 X 6,5 mm di lato (ma di costo quasi triplicato). Ricordiamo a tal proposito la formula che definisce il campo utile coperto dal sensore per una determinata focale:

 

A = ArcTg   S / F

 

ove A è il campo in gradi coperto, S la dimensione in mm della diagonale del CCD ed F la focale dello strumento sempre espressa in millimetri. Concludiamo ricordando quello che, a nostro avviso, è il vero, grande svantaggio, purtroppo insormontabile allo stato attuale delle cose, che limita in maniera rilevante  le possibilità di ricerca del CCD in questo campo: il minor numero di oggetti osservabili a parità di tempo a disposizione rispetto all'osservazione visuale. Se, ad esempio, con l'osservazione visuale si riescono ad osservare trenta galassie in un'ora, con il CCD, un operatore con una certa pratica, ne osserverà soltanto una decina (non più di cinque o sei per i neofiti). Riteniamo, tuttavia, che le possibilità di scoperta non si riducano in modo proporzionale in quanto la magnitudine limite raggiungibile sarà, a parità di strumento, maggiore di almeno tre gradini. Tale incremento permette di raggiungere agevolmente le magnitudini comprese tra la 16a e la 19a ove viene segnalata la massima frequenza di eventi (inosservabili visualmente anche con l'impiego di telescopi di 50 cm di diametro).

Altri svantaggi collegati all'uso di un sensore CCD quali ad esempio il costo ancora elevato, la necessità di dover disporre di un computer, il tempo necessario per l'addestramento, non saranno analizzati nel dettaglio in quanto esulano dallo scopo del presente articolo.

 

TECNICA OSSERVATIVA E CONSIGLI ERGONOMICI

 

A prima vista colui che non ha mai utilizzato di persona un CCD potrebbe, a ragione, rimanere sconcertato nell'udire che questi sensori necessitano di tempi di esposizione estremamente brevi per raggiungere elevate magnitudini e, nel contempo, constatare da quanto detto che in una notte si riescano ad ottenere meno dati di quelli forniti dall'indagine visuale. Questa apparente incongruenza viene facilmente chiarita analizzando le fasi (calibrazione, posa, digitalizzazione, memorizzazione ed analisi) attraverso le quali si giunge al risultato finale. Non è nostra intenzione descrivere nel dettaglio tali procedure se non per suggerire alcune tecniche di ottimizzazione che possano essere di aiuto nell'abbreviare i tempi morti tra le osservazioni. Una cosa è comunque sempre da tenere presente e cioè che esistono serate in cui tutto fila liscio, altre in cui, parafrasando un conosciuto detto anglosassone, "la magia sembra andare a letto presto"; il nostro consiglio, in tal caso, è quello di fare altrettanto.

 

a) Ricerca del fuoco ottimale

E' sempre la prima operazione da effettuare o quantomeno da verificare nel caso in cui si pensi di aver già raggiunto in precedenza una situazione ottimale: sbalzi di temperatura da una notte all'altra possono infatti far variare anche notevolmente la posizione del fuoco soprattutto in telescopi con focali uguali o superiori ai tre metri. Questa operazione, intuitiva e quasi banale nell'osservazione all'oculare, può divenire complessa, lunga e frustrante se effettuata per un sensore CCD quando non si pongano in atto alcuni semplici accorgimenti.

La focalizzazione "per tentativi", infatti, oltre ad essere impegnativa (oltre i venti minuti) non ha mai dato, nella nostra esperienza, dei risultati di buon livello. Nel campo della ricerca di SN anche una minima sfocatura, determina una perdita di magnitudine che risulta estremamente deleteria in quanto limita fortemente le possibilità di scoperta di oggetti deboli. La funzione focus del software a corredo dei CCD non viene pertanto quasi mai usata a tale scopo: solo nei rari casi in cui l'oggetto non è visibile all'oculare, tale procedura viene attivata per verificare l'effettiva centratura della galassia nel campo. In sostituzione viene da noi routinariamente impiegato un semplice distanziatore di alluminio realizzato al tornio dello spessore di 0,56 pollici (valore fornito dalla casa costruttrice) corrispondente alla distanza della superficie sensibile del CCD dalla battuta dello stesso sul tubo porta oculari. Inserito pertanto questo dispositivo nel porta oculari si potrà ricercare il miglior fuoco ponendo una lama di Foucault sulla superficie libera del distanziatore; otterremo il risultato cercato agendo sul sistema di focalizzazione sino a raggiungere la situazione di istantaneo e totale oscuramento delle ottiche al movimento della lama. Per concludere giova ricordare che tale operazione deve essere effettuata con eventuali filtri già inseriti nel percorso ottico dello strumento al fine di evitare perdite di tempo nella ripetizione della procedura.

 

b) Settaggio dei cerchi digitali.

Sebbene considerato da molti un accessorio di lusso, la disponibilità di questo comodo e relativamente poco dispendioso dispositivo permette quantomeno di dimezzare il tempo di ricerca dell'oggetto astronomico da osservare. Attivato, infatti, in inizio di serata resta efficiente sino allo spegnimento. Per le procedure specifiche si rimanda ai manuali dei singoli produttori. Da parte nostra consigliamo comunque, nel corso della notte, di effettuare alcune operazioni di riallineamento (procedura "align") per mantenere una adeguata precisione di puntamento.

 

c) Calibrazione delle immagini

Dopo queste preliminari operazioni si passa quindi alla calibrazione dell'immagine, procedura non complessa ma che necessita di un'attenta valutazione delle variabili presenti.

Di seguito faremo riferimento alle possibilità operative del sensore "ST6" (versione 2c) da noi utilizzato; rispetto al suo predecessore ST4, questo nuovo CCD permette notevolissimi vantaggi quali, ad esempio, il settaggio della temperatura di lavoro. L'ST6 è infatti in grado di diminuire la temperatura del CCD sino a -50 gradi celsius rispetto all'ambiente circostante mantenendola costante per tutta la durata delle osservazioni. La bassa temperatura di lavoro permette di incrementare la resa dell'apparecchio riducendo il rumore di funzionamento del CCD. Più elevate magnitudini limite possono essere così raggiunte con brevi esposizioni (incremento di una magnitudine ogni 10 gradi centigradi).

L'impostazione della temperatura di lavoro è la prima operazione da noi eseguita dopo aver rilevato il valore ambientale da un termometro posto dentro la cupola. Una corretta impostazione, mantenendo rigorosamente costante il raffreddamento del CCD evita di dover eseguire una immagine di buio (dark frame) per ogni esposizione di luce (principio valido solo in caso si effettuino pose della stessa durata). Fotogrammi di oscurità andranno tuttavia realizzati e memorizzati durante tutta la notte ad intervalli di un paio di ore. Di essi verrà fatta una media e l'immagine risultante sarà sottratta a tutti i fotogrammi di luce ottenuti.

A questo punto, sulle luci del tramonto o dell'alba per gli "irriducibili", si otterranno fotogrammi di "Flat field". Anche in questo caso sarà opportuno mediare più immagini per ottenere risultati migliori. Se il tramonto o l'alba fossero già terminati, si potrà usare uno schermo opaco o un telo bianco uniformemente illuminati posti all'interno della cupola e posizionati davanti al tubo del telescopio al momento del loro utilizzo.

Da quando il computer è stato acceso, il telescopio predisposto ed è stata preparata la calibrazione delle immagini sono realisticamente passati almeno trenta - quaranta minuti durante i quali un "visualista" esperto avrebbe osservato circa 20 - 25 galassie. E' bene sottolineare, però, che tutte le operazioni preliminari descritte possono essere svolte quando ancora il cielo non è perfettamente buio e quindi potrebbero non costituire un'effettiva perdita di tempo rispetto al metodo visuale.

 

d) Programma di ricerca

E' consigliabile personalizzare il programma di ricerca in rapporto alle caratteristiche ed alle potenzialità della strumentazione utilizzata organizzando anticipatamente le osservazioni. Come per la fotografia tradizionale, anche per il CCD, è importante disporre di telescopi luminosi per poter ridurre al minimo i tempi di esposizione. Tuttavia tale necessità risulta meno impellente che nelle osservazioni fotografiche data l'elevatissima sensibilità dei CCD. A nostro parere, è molto più utile disporre di focali relativamente spinte per incrementare al massimo le dimensioni di tutte quelle piccole galassie potenziali ospiti di SN oltre la 16a magnitudine. Risulta proficuo, a nostro avviso, sorvegliare dapprima le galassie prossime al tramonto (essendo meno controllate); molti astrofili preferiscono, invece, iniziare le osservazioni con oggetti visibili all'estremo est del cielo per avere maggiori possibilità di arrivare primi ad un'eventuale scoperta. L'importante è comunque osservare quel numero di galassie che possano essere ricontrollate con una certa sistematicità evitando di saltellare qua e là per il cielo alla ricerca degli oggetti più interessanti o più noti. E' doveroso sottolineare che possono essere proficuamente utilizzate anche quelle notti in cui sia presente il disturbo lunare essendo il CCD molto meno sensibile della pellicola al "rumore" di fondo cielo dovuto alla presenza del nostro satellite naturale. Per la scelta delle galassie da inserire nel programma di ricerca si rimanda all'appendice 2 "Modello della distanza".

 

e) Centraggio della galassia nel CCD

Per focali inferiori al metro e mezzo e con sensori tipo ST6 non dovrebbero sussistere grosse difficoltà se si dispone di adeguati cerchi di puntamento. Per focali maggiori come quella da noi impiegata (3200mm) o per sensori più piccoli, è invece necessario verificare il campo inquadrato. Tale riscontro può essere effettuato senza togliere il CCD dal portaoculare ma, in questa situazione, se l'oggetto non è già di per sè centrato (cosa molto poco probabile), diventa estremamente complesso e lungo capire in che zona di cielo si stia osservando anche avendo a disposizione cartine di puntamento (quasi mai adeguate alle magnitudini raggiute dal CCD). Per tale motivo consigliamo di verificare sempre visualmente la posizione della galassia attraverso un oculare a grande campo dopo aver tolto il CCD. In questo modo è anche possibile orientare con discreta precisione la diagonale del sensore con l'asse maggiore della galassia prescelta prima di procedere all'esposizione. Unico inconveniente di questa procedura è che muovendo il CCD dalla sua posizione originaria  sarà necessario eseguire un flat field per ogni immagine scattata pena una vistosa disomogeneità del fondo cielo e, cosa ben più importante, una inattendibile taratura fotometrica dei singoli pixel componenti il CCD. Per i possessori di potenti telescopi fotoguida potrebbe essere senz'altro vantaggioso tentare di centrare la galassia attraverso di essi anche se così viene preclusa la possibilità di ruotare con precisione il sensore in rapporto all'asse della galassia.

 

f) Controllo dell'immagine e cartine di riscontro

Appena ottenuta l'immagine è necessario controllarla immediatamete per identificare eventuali SN. E' consigliabile effettuare una preliminare, seppur minima, elaborazione elettronica magari limitata all'ottimizzazione del fondo cielo (background) e delle alte luci (range) in quanto è così possibile apprezzare sia le deboli stelle di luminosità prossima a quella del fondo cielo sia le stelle presenti in prossimità dei luminosi nuclei galattici. Particolare attenzione va posta nel riconoscere la presenza di eventuali pixel "caldi" (generati da raggi cosmici e/o da malfunzionamenti del sensore) che potrebbero facilmente simulare l'immagine di una stella ospite. La fretta di proseguire il lavoro potrebbe indurre a controllare tutte le immagini della sessione al mattino successivo; questo grave errore non deve essere commesso poichè la presenza di un eventuale oggetto "in più" obbligherà ad ottenere una seconda esposizione che servirà quale riscontro positivo (SN, variabile, pianeta minore) o negativo. Una più accurata elaborazione verrà demandata al giorno seguente quando, con più calma e senza sottrarre tempo alle osservazioni potremo ottimizzare la resa dei fotogrammi anche dal lato estetico per poi memorizzarli definitivamente, pronti per essere impiegati come carte di riscontro in successivi controlli.

Le fonti da cui trarre le cartine di controllo esistenti in commercio solo da un paio d'anni sono all'altezza delle potenzialità dei CCD. Il materiale utilizzato per i controlli visuali, infatti, sebbene molto valido, risulta non adeguato alle magnitudini limite raggiunte "elettronicamente" anche con soltanto pochi minuti di posa e telescopi nell'ordine dei 25 - 30 cm di diametro. A nostro parere, l'unico atlante veramente soddisfacente è rappresentato dall'opera degli astronomi Buil e Touvenot: una raccolta di circa 3000 immagini digitali ottenute con il telescopio riflettore da 60 cm di diametro dell'osservatorio francese del "Pic du Midì" aventi magnitudine limite attorno alla 21. Una fonte alternativa molto valida è data da immagini fotografiche ottenute dall'osservatorio di Monte Palomar; le circa 400 immagini sono disponibili, dietro rimborso delle spese di fotocopiatura, presso i responsabili della sezione ricerca di SN extragalattiche dell'Unione Astrofili Italiani più sopra nominata.

Riteniamo tuttavia giustificato disporre di un proprio atlante digitale realizzato personalmente con le immagini accumulate durante le osservazioni.

 

I NOSTRI RISULTATI

 

Come precedentemente ricordato, da circa due anni, gli Autori sono impegnati nella ricerca di SN extragalattiche tramite sensore CCD.

Inizialmente fu impiegato il famoso e relativamente diffuso sensore ST4 che, tuttavia, deluse in parte le aspettative sia per il ridottissimo campo apparente coperto sia per le difficoltà incontrate nelle procedure di calibrazione dell'immagine che limitarono fortemente il suo utilizzo.

Successivamente fu adottata una versione evoluta dello stesso denominata ST6 che a tutt'oggi ha dato i migliori risultati facendo ben sperare per il futuro. Con questa seconda apparecchiatura, dalle prestazioni professionali, è stato possibile ottenere risultati nettamente superiori di quelli raggiunti con emulsioni fotografiche tipo TP 2415 ipersensibilizzata. Con la strumentazione ottica da noi impiegata (telescopio riflettore Ritchey - Chretien di 400 mm di diametro e 3200 mm di focale) il campo coperto dal sensore (circa 7' X 9' d'arco) è risultato sufficiente per la gran parte degli oggetti sorvegliati in parte grazie alla possibilità di orientare correttamente la diagonale del CCD con l'asse maggiore della galassia. In circa un anno di osservazioni sono state memorizzate oltre 250 immagini digitali molte delle quali comprendenti più di una galassia. I tempi di posa sono stati di cinque minuti  per quasi tutti gli oggetti con rare eccezioni di 2, 6, 8 e 16 minuti. La magnitudine limite stimata è compresa tra la sedici e la venti.

Tenuto presente che le immagini sono state ottenute a 346 metri sul livello del mare, a soli cinque chilometri dalla città della Spezia, senza l'impiego di filtri e, a volte, con la presenza di un debole disturbo lunare, i risultati acquisiti sono considerati molto positivi ed illustrano le potenzialità della ricerca astronomica amatoriale in un campo, sino a pochi anni orsono, di competenza quasi esclusiva dei professionisti.

 

Concludiamo riassumendo alcuni tra i più importanti suggerimenti proposti:

 

1) Ottenere la massima precisione nella focheggiatura del CCD; consigliabile l'impiego della lama di Foucault.

2) Determinare in inizio di serata e correttamente il tempo di integrazione e la temperatura di lavoro del sensore.

3) Massima riduzione dei tempi morti.

4) Sfruttare anche le notti poco limpide e/o con poco disturbo lunare.

5) Controllare immediatamente ogni immagine e se necessario ripeterne una seconda per conferma se vi è il sospetto di un evento tipo SN.

6) Comunicare quanto prima una eventuale scoperta ai responsabili della sezione ricerca di SN extragalattiche dell'UAI  di  cui diamo di seguito il recapito: Mirco Villi Casella Postale 7114 - 47100 Forlì, Tel 0543 - 725456

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

APPENDICE 2

 

 

 

 

 

Modello della distanza

 

 

 

 

 

 

Il modello o modulo della distanza delle galassie (DM) è un numero direttamente proporzionale alla distanza della galassia di appartenenza. Il DM, in pratica,  corrisponde alla somma, in valore assoluto, della magnitudine visuale apparente, che indicheremo con m e della magnitudine assoluta che indicheremo con M. Ricordiamo che la magnitudine assoluta è la luminosità che avrebbe un oggetto se fosse posto a 10 PARSEC (ovvero 32.6 anni luce di distanza dalla terra).

Matematicamente il DM si esprime con la seguente formula:

 

1) DM = m - M

 

(da ricordare che i due valori di magnitudine devono essere espressi nella stessa lunghezza d'onda per essere del tutto paragonabili). Con questo tipo di calcolo si ottiene un valore assoluto proporzionale alla luminosità dell'oggetto e dipendente dalla distanza a cui esso è posto. Ad esempio la galassia NGC 4321 (M 100) possiede una magnitudine assoluta M = -21.76 ed una magnitudine apparente di m = 10.00 per cui il modulo della distanza sarà

 

DM = 10.00 - (-21.76) = 31.76

 

Banalmente dalla 1) si possono estrapolare sia m che M e quindi potremmo scrivere che

 

2) m = DM + M       3) M = DM - m

 

Bisogna precisare che la formula che esprime in modo rigoroso il valore del modello della distanza è la seguente:

 

4) DM = m - M - Dv

 

dove Dv rappresenta l'estinzione galattica.

A seconda infatti della direzione in cui osserviamo, rispetto al piano della nostra galassia, nubi di materia oscura interstellare si interpongono tra noi e la galassia osservata falsandone la magnitudine apparente. Se, ad esempio, osserviamo un oggetto posto molto vicino al piano galattico avremo un valore di Dv molto più alto rispetto ad un oggetto posto a 90° da esso. Tale valore però non è ben conosciuto ed è inoltre molto variabile anche tra zone prospetticamente vicine. Di conseguenza la formula di più largo uso rimane la 1).

L'utilizzo del DM è giustificato dalla necessità di conoscere con buona approssimazione la magnitudine di una eventuale SN posta all'interno di una galassia. Dalla formula 2) possiamo calcolare la magnitudine apparente che raggiungerà una supernova  durante il suo massimo di luminosità. Sappiamo infatti dalla teoria che una supernova di tipo I, raggiungerà all'apice di luminosità, la magnitudine assoluta M uguale a circa -18.5, mentre una supernova di tipo II raggiungerà circa la -16.5.

Applichiamo queste nozioni al calcolo della luminosità di un'ipotetica supernova nella galassia presa come esempio (M 100); utilizzando la formula 2) ricaviamo che SN di TIPO I avranno una magnitudine apparente di

 

m = 31.76 + (-18.5) = 13.26

 

mentre quelle di TIPO  II avranno magnitudine

 

m = 31.76 + (-16.5) = 15.26

 

Per chi fa ricerca di supernovae, poter disporre di questi valori, seppure del tutto indicativi, è di fondamentale importanza, perchè permette di inserire nel programma di ricerca soltanto quelle galassie le cui SN siano registrabili dal sistema utilizzato (telescopio, CCD, sito di osservazione). Sarà infatti inutile sorvegliare quelle galassie nelle quali le possibili supernovae non raggiungeranno la magnitudine limite del proprio strumento. Se ad esempio verifichiamo che in condizioni "medie" il nostro apparato osservativo è in grado di raggiungere la magnitudine 19, basterà calcolare dalla 1) il modello della distanza di una ipotetica galassia contenente una SN di tipo II (magnitudine assoluta stimata circa uguale a -16.5) e si otterrà il valore di 35.5. Tale valore corrisponde ad una distanza di circa 400 milioni di anni luce e rappresenta il limite entro il quale potremo osservare eventi tipo SN.

Analogamente, per inverso, l'osservazione di supernovae durante il loro massimo permette di stabilire la distanza  della galassia di appartenenza. Applicando infatti ancora l'espressione 1) calcoleremo il DM della galassia.

Un'ottima fonte da cui ricavare le magnitudini (assolute ed apparenti) di molte galassie, è rappresentata dal "Principal Galaxies Catalog" contenente alcune migliaia di oggetti e disponibile a richiesta su file DBF presso la sezione di ricerca di SN extragalattiche citata in Appendice 1.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



Galassie

 


 

 


[1]P. Pietrapiana, G. Scarfì, L. Zannoni: Proposta di atlante digitalizzato per la ricerca di supernovae extragalattiche, relazione al XXV Congresso U.A.I., Bologna, Settembre 1991; Astronomica, nr 2 Maggio-Agosto 1992.

PER MANCANZA DI SPAZIO ABBIAMO PUBBLICATO SOLO LA PARTE TESTO DEL LIBRO SENZA LE IMMAGINI L'ATLANTE ED IL CATALOGO